La situazione dell'Ordine

E’ opportuno tentare di esprimere un giudizio sull’attuale Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Napoli, il quale è giunto alla fine del suo mandato (quadriennio 2009-2013). Il nostro scopo è soprattutto quello di favorire auspicabili operazioni di rilancio, in un momento di grave crisi economica che colpisce la categoria e, in particolare, i giovani.

Non vi è dubbio che gli Ordini professionali abbiano svolto, in passato, un ruolo socialmente utile e che, oggi, occorrerebbe interrogarsi sulla loro utilità, restando così come sono. C’è chi auspica la soppressione degli Ordini, ritenendo che essi mortifichino la concorrenza, formino gruppi di potere (costituito dai Consiglieri e dai loro accoliti) e che si rendano responsabili di episodi di mobbing verso utenti che denunciano episodi di malcostume. E’ capitato, in casi di «malasanità» o «sanitopoli», che l'Ordine dei Medici abbia coperto e difeso professionisti che andavano invece sanzionati. Finché gli iscritti a un Ordine professionale votano per il rinnovo del Consiglio mentre i loro clienti no è evidente che c’è la tendenza a spalleggiare il collega, a scapito dell’utente danneggiato. E poi oggi tocca a te, domani può toccare a me. Quanto meno, in queste vertenze, occorrerebbe costituire delle commissioni giudicatrici in cui, oltre a rappresentanti delle categorie, vi siano quelle dei consumatori e soggetti super partes. In Gran Bretagna, il General Medical Council riveste un ruolo molto simile a quello degli Ordini dei medici in Italia. Esso è composto da 24 membri, di cui 12 medici e 12 “laici”, il tutto sotto il controllo del ministero della Salute. In tal modo, appaiono più garantiti gli interessi degli utenti.

E’ importante precisare che auspicare la soppressione degli Ordini non significa voler abolire gli Albi. Infatti, una cosa è l’Ordine, altra cosa è l’Albo professionale.

Nessuno intende sopprimere gli Albi professionali, che sono degli elenchi formati da quanti possiedono i requisiti necessari ad esercitare una determinata professione “protetta” e chiedono di farne parte. Cosa è una professione protetta? Il lavoro autonomo è formato da professionisti, artigiani, commercianti, rappresentanti di commercio, mediatori, ecc. Le libere professioni possono essere “protette” o “non protette”. Quelle “protette” richiedono, per legge, l’iscrizione obbligatoria ad un Albo (medici, avvocati, ingegneri, architetti e via dicendo). Quelle “non protette” sono prive di un Albo (amministratori di condominio, programmatori, consulenti d’impresa e via dicendo).

Sopprimere gli Ordini, quindi, non implica abolire gli Albi. Gli Albi professionali devono restare. L’Albo dei Medici, ad esempio, deve continuare ad esistere e, ovviamente, si potrà iscrivere ad esso chi ha i requisiti necessari (titolo di studio, esame di abilitazione all’esercizio della professione e, se libero professionista, partita IVA e iscrizione alla Cassa di previdenza di categoria). La tenuta dell’Albo potrebbe essere affidata ai Tribunali o ai Ministeri competenti, qualora gli Ordini fossero soppressi. Non vogliamo un regime di totale deregulation delle libere professioni. Si vuole, invece, l’aggiornamento delle professioni e delle loro strutture organizzative ed istituzionali, per adeguarle alla mutata realtà socio-economica del Paese.

Se avessimo bisogno di un Medico o di un Ingegnere o di un qualsiasi altro professionista “protetto” avremmo, senz’altro, una prima garanzia dal fatto che il professionista prescelto appartenga al relativo Albo e che, quindi, sia in possesso dei requisiti suddetti. E vorremmo – come già accade per alcune professioni – che l’Albo sia liberamente consultabile on line. Insomma un Albo è semplicemente un pubblico registro di coloro che possono legalmente esercitare una determinata professione e non è pensabile abolirlo.

Si è insistito sulla differenza tra Albo e Ordine perché molti credono che le due cose coincidano e che la soppressione degli Ordini comporti anche quella degli Albi e, di conseguenza, una liberalizzazione selvaggia, un’anarchica deregolamentazione in cui non esistano più regole e principi. Non è così. E’ folle non riconoscere e valorizzare le professionalità.

In ogni caso, noi non auspichiamo la soppressione degli Ordini (giammai quella degli Albi) ma riteniamo che sia necessaria e indifferibile una loro riforma. Crediamo che sia necessario affrontare l’argomento, discuterne e giungere ad avere degli organi rappresentativi delle professioni “protette” che siano in grado di svolgere un ruolo incisivo nella difesa dei diritti degli utenti e dei legittimi interessi dei professionisti. Infatti, le libere professioni – se correttamente esercitate – rivestono un importante ruolo sociale. In altre parti di Europa l’iscrizione agli Ordini non è obbligatoria, ma alcuni organi rappresentativi a iscrizione volontaria sono talmente prestigiosi che ognuno ambisce di farne parte (pensiamo, in particolare, al RIBA - Royal Institute of British Architects - Istituto degli Architetti Britannici). Ci sarebbe da discutere se è il caso di mantenere obbligatoria, in Italia, l’iscrizione all’Ordine ovvero di trovare soluzioni a scottanti problemi esistenti (ad esempio, un Consiglio formato da colleghi concorrenti che gestiscono la deontologia e l’aggiornamento professionale). La deontologia, in realtà, non sarà più gestita dal Consiglio dell’Ordine perché saranno, a breve, istituite «Consigli di disciplina», ai quali sarà demandata la deontologia. Infatti, con deliberazione del 16 novembre 2012 il Ministero della Giustizia ha approvato il «Regolamento per la designazione dei componenti dei Consigli di disciplina dell'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori» a norma dell'art. 8, co. 3 del DPR 137/2012. A Napoli il Consiglio di Disciplina è composto da 15 membri, un numero pari a quello dei consiglieri dell'Ordine, e resterà in carica fino alla scadenza del Consiglio dell'Ordine. Il Consiglio formulerà una “rosa” di 30 nominativi e il Presidente del Tribunale deciderà chi saranno i 15 componenti del «Consiglio di disciplina». 

Abbandoniamo le questioni appena toccate (per riprenderle in altre occasioni) per ritornare ad occuparci dell’Ordine degli Architetti di Napoli. Gli Ordini, oggi, esistono e finché ci sono sarebbe giusto che gli iscritti se ne occupassero, tentando di determinare le condizioni che possono renderli efficienti, rispondenti alle esigenze degli iscritti e dei consumatori. Infatti, qualche Ordine professionale – qua e là per l’Italia – è riuscito, in passato, a vivere “momenti felici” e si sono avute compagini consiliari che hanno operato bene. Che un Ordine professionale “funzioni” non dovrebbe essere fatto casuale e occasionale. Dovrebbe essere la norma.

Per esaminare la situazione dell’Ordine degli Architetti di Napoli occorre partire dalle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio, che si tennero nel settembre del 2009. Da tali elezioni scaturì un Consiglio espressione di due liste contrapposte: quella del Consiglio uscente (etichettata «storia e innovazione») e la cosiddetta «lista blu». La prima espresse 10 Consiglieri e la seconda 5. Giacché uno degli eletti della lista «storia e innovazione» optò per la carica di Consigliere nazionale, già all’atto dell’insediamento del nuovo Consiglio subentrò il primo dei non eletti, che apparteneva alla «lista blu». Pertanto i 10 della lista «storia e innovazione» scesero a 9 mentre gli eletti della «lista blu» passarono da 5 a 6. Quasi subito, poi, si registrò un “passaggio” dalla maggioranza (che da 9 scese a 8 elementi) all’opposizione (che da 6 membri salì a 7).

Il Consiglio è formato da 15 membri e il numero 15 non è divisibile per 2. La maggioranza è pari ad 8 Consiglieri e quindi abbiamo un Consiglio spaccato praticamente a metà: 8 Consiglieri che formano una maggioranza risicata e un’opposizione paralizzante di 7 elementi.

Tale situazione di equilibrio si è rivelata assai instabile. Lo dimostra, tra l’altro, il fatto che vi è stato un cambio della guardia alla Segreteria (per, poi, ritornare all’originario assetto), una delle due vicepresidenze è stata soppressa (laddove, nel precedente Consiglio, vi erano ben 7 vicepresidenze). Un Presidente “onorario” è durato poco. Fu l’esito del tentativo di dare vita ad una gestione unitaria, miseramente fallito nel giro di una manciata di giorni.

Andrebbe, a questo punto, criticato il meccanismo elettorale, che determina questi pasticci: o chiude ogni rappresentanza alle minoranze o determina situazioni di ingovernabilità. E’ rimasto, infatti, il vecchio meccanismo elettorale: ogni elettore può esprimere tante preferenze quanti sono i Consiglieri da eleggersi. Se, ad esempio, il Consiglio è formato da 15 Consiglieri, la scheda elettorale presenta 15 righe e possono essere votati 15 nominativi.

Questo sistema elettorale poteva funzionare quando gli iscritti all’Ordine erano pochi, non quando sono molti. Allorché, dopo il secondo conflitto mondiale, sorse l'Ordine degli Architetti della Campania, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria esso contava in totale 88 architetti (e il Consiglio era formato da 7 componenti). Il suddetto meccanismo elettorale – con quattro gatti – funzionava.

L’Ordine degli Architetti di Napoli è passato da poco più di 1500 iscritti del 1978 (allorché era Ordine degli Architetti della Campania, Abruzzo, Molise e Basilicata) a 2312 nel 1988 (l’Ordine comprendeva solo le province di Napoli e Isernia), 4668 nel 1999 e ben 6992 nel 2005 (di cui 6981 della sezione A e solo 11 della B).

Mentre scriviamo, sono iscritti (solo a Napoli e provincia) 8591 architetti, più degli abitanti di tanti Comuni italiani e occorrerebbe un sistema elettorale in grado di garantire una rappresentanza alle minoranze. Basterebbe che le preferenze esprimibili non fossero più di 5. Insomma il meccanismo elettorale che funzionava quando gli iscritti erano 100, 500, 1000 non può ritenersi valido quando gli iscritti tendono a diventare 10000 o, addirittura, superano questo numero.

L’esperienza insegna che l’attuale sistema elettorale o determina situazioni di egemonia (in cui una lista finisce per coincidere con l’intero Consiglio e manca una opposizione, che può esercitare un ruolo di stimolo e di controllo) o violente contrapposizioni che determinano immobilismo e inefficienza.

Infine, il famigerato sistema elettorale non garantisce il ricambio. Tutt’oggi ci sono Consiglieri con un quarto di secolo di presenza nel Consiglio. Si pose rimedio al problema non permettendo la terza elezione consecutiva.

In base a quanto sancito all'articolo 2, comma 4 del Dpr 169/2005, avrebbero potuto ricandidarsi, nel 2013, pochi Consiglieri uscenti. Senonché, il cosiddetto “Decreto milleproroghe” (febbraio 2011) ha modificato i limiti dei mandati (articolo 2, comma 4-septies) e tutti gli attuali Consiglieri sono ricandidabili nel 2013, col rischio di perpetuare l’attuale situazione di empasse. Come se ne esce?

Torniamo alle passate elezioni (settembre 2009). La lista «storia e innovazione» raccolse il 34% dei voti (conquistando i 2/3 dei posti in Consiglio), la «lista blu» raccolse il 30% (conquistando 1/3 dei seggi in palio) e le altre due liste presero il 17% e il 15% (senza esprimere alcun Consigliere).

Non è nostra intenzione esprimere critiche personali, riferite a questo o a quel collega innanzitutto per una questione di bon ton, poi perché ci sembra evidente che la responsabilità del fatto che gli Ordini professionali sono inefficienti e silenti è del Governo, che avrebbe dovuto – da tempo – dare vita ad una riforma delle professioni e dei loro organi rappresentativi. Il tumulto che sta affliggendo l’economia mondiale richiede interventi decisi e, fra questi, una riforma delle professioni e degli Ordini, oggi incapaci di assumere un ruolo sociale valido e di farsi motore della crescita del Paese. Riteniamo che gli Ordini professionali debbano restare, ma opportunamente riformati per accrescere la concorrenza, aumentare la qualificazione e la trasparenza delle prestazioni professionali, democratizzando gli organi rappresentativi tramite l’adozione di opportuni meccanismi elettorali e ponendo veramente un limite al numero dei mandati (senza la beffa di un altro “Decreto milleproroghe” che vanifichi quanto già stabilito).

E’ evidente che, con questo primo scritto, non può ritenersi esaurito un argomento indubbiamente articolato e complesso. Sembra evidente, però, la necessità di innescare un dibattito e di trovare soluzioni ad una situazione di stallo evidente. Ovviamente, si può essere di diverso avviso e sostenere che tout va très bien madame la Marquise. Saremmo felici qualora vi fosse soddisfazione per l’andamento delle professioni e per il ruolo svolto dai loro organismi rappresentativi. Nessuno vuole costringere, per forza, la vecchietta ad attraversare la strada.

Ritornando alla storia di questo Consiglio, si è detto che – dall’iniziale 10 a 5 – si passò subito a un 9 a 6, che non durò molto. E giungemmo subito a un 8 a 7.

Questo è stato il Consiglio delle «maggioranze» ed «opposizioni» ad assetto variabile, degli infiniti «salti della quaglia». Non si è fatto altro. 

E’ stucchevole ed inutile seguire passo passo tutte le combinazioni che ci sono state, fino all’attuale configurazione, con 4 Consiglieri uscenti che si ricandidano cambiando squadra e i reduci di quella che fu la lista vincente ridotti a 3 soli elementi.

Il mondo sta cambiando (forse già è cambiato e non ce ne siamo accorti). Le prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine segneranno una svolta, nel bene e/o nel male, per la professione di Architetto, a Napoli. Anche il Consiglio cambierà e non ci sono più «scialuppe di salvataggio» che traghettino qualcuno verso nuovi lidi, né gradevoli musichette (della suoneria telefonica) che possano distrarci dai problemi reali. E' certamente da attuare un rinnovamento o è la fine. Sono convinto che questa è l’ultima occasione che si presenta, per imprimere una svolta e per tentare – in extremis – di parare (almeno in parte) il colpi che hanno già investito la categoria (contributo minimo Inarcassa a 3.000 €, assicurazione e formazione permanenti obbligatorie, perdita di importanti occasioni di lavoro  come quella del «Grande Progetto "Centro storico di Napoli, valorizzazione del sito Unesco» con incarichi professionali tutti conferiti agli Architetti dipendenti della Soprintendenza e via dicendo).

 

 

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